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L'oratorio di San Zenone

L’oratorio si trova all’ingresso del paese venendo da Crema. La costruzione dell’edificio sacro fu portata a termine nel 1604 sulle fondamenta di un oratorio più antico dedicato allo stesso Santo. Nei secoli passati grande era la devozione verso San Zeno, al quale si rivolgevano fedeli provenienti anche da paesi lontani. La gestione dell’Oratorio venne affidata a due uomini del luogo, eletti annualmente. Solo in seguito subentrò la Confraternita della Morte, la cui regola, composta di ventisei capitoli, venne stampata a Piacenza nell’anno 1610 per i tipi Bazachio. Questa Confraternita, che ebbe una certa importanza nella vita spirituale del paese, era retta da un Priore, da un Sottopriore, da quattro consiglieri e da un Precettore dei neofiti, che rimanevano in carica un anno e ai quali spettava l’amministrazione del sodalizio; i suoi membri vestivano durante le cerimonie sacre un saio nero e si riunivano nel coro della chiesa per gli incontri di preghiera.

Il custode dell’oratorio, che dimorava nella casa adiacente al tempio, chiamato in dialetto remét (eremita), era scelto dalla Confraternita, non doveva essere sposato (vir non uxoratus) e normalmente apparteneva al Terzo Ordine di S. Francesco; era però necessario che la nomina fosse convalidata dalla Curia.

L’oratorio contiene pregevoli dipinti attribuibili al Pombioli giovane; altri dipinti si trovano nelle prime due cappelle laterali nascosti sotto uno strato di calce.

L’opera di restauro, con progetto redatto dall’architetto Magda Franzoni e finanziato dal Comune, che ha riguardato non solo la chiesa ma anche la casa annessa, è terminata nel settembre 2009. 

L'oratorio di San Rocco

La chiesetta si eleva vicina a San Zeno. È un interessante edifìcio a pianta centrale, con perimetro ottagonale e cupola interna illuminata da una lanterna, sorto tra il 1631 e il 1647 come ex-voto per le famose pestilenze. In questo tempio aveva sede una confraternita omonima, eretta precedentemente, nel 1618, in riparazione dell’offesa perpetrata nei confronti del Santo per la demolizione, verso la fine del 1500, di un primitivo edificio sacro ormai in rovina e situato nelle vicinanze del paese. La confraternita di San Rocco s’insediò dapprima nella chiesa della Beata Vergine oltre il fiume Serio e vi rimase ininterrottamente per 25 anni; poi nel 1643 emigrò nel nuovo oratorio dedicato a San Rocco, l’attuale, pur non essendo ancora completato.

Dopo una grande alluvione, verificatasi intorno all’anno 1676, che interessò la vicina roggia Comuna, il corso di questa fu deviato nei pressi dell’oratorio. In seguito, per la vicinanza delle acque della roggia, dal suolo cominciò a trasudare umidità così abbondante, che, oltre a rendere il pavimento madido, risalì lungo i muri dell’edificio rovinando dipinti e arredi sacri. Di fronte al danno considerevole che impediva un uso agevole del tempio da parte dei fedeli soprattutto nella stagione invernale, i confratelli di San Rocco, ricordando la lunga permanenza del passato e tutte le spese sostenute, stabilirono allora di ritornare nell’Oratorio della Beata Vergine, dove nel frattempo si era già costituita la Confraternita del Rosario, i cui componenti, non essendosi ancora dotati di una divisa ufficiale, a differenza di quelli di San Rocco che vestivano un saio di color verde, manifestarono contrarietà. Il contrasto fra le due confraternite durò a lungo, ma alla fine la confraternita di San Rocco rimase nel proprio oratorio. Si trovò parzialmente rimedio al problema dell’umidità molto più avanti nel tempo, alla vigilia della visita di mons. Lombardi del 1755, quando, levato il pavimento madido e steso uno strato di ghiaia, fu posato sopra uno nuovo. L’oratorio è stato restaurato alla fine degli anni Novanta, dopo decenni di abbandono e degrado, su impulso dell’Amministrazione comunale retta da Castelli Ferrante.

La chiesa parrocchiale

Fu edificata in due fasi successive: nella prima, la costruzione si estese fino a comprendere due soli altari laterali (1731); nella seconda, una volta demolita la piccola chiesa precedente, il nuovo tempio fu completato e successivamente consacrato da Mons. Lombardi nel 1757. Dalla relazione stesa durante la visita dello stesso vescovo così si descrive l’edificazione del grande tempio:

“Tuttavia, ciò che eleverà sommamente fino all’eternità la religiosità di questo popolo e la generosità mai abbastanza raccomandata, è il tempio insigne, senza dubbio il più bello di tutti gli altri in questa diocesi, che nel corrente secolo iniziato dalle fondamenta, fu prolungato fino al tetto e ornato con le sole affluenti elemosine del popolo: infatti la vecchia chiesa, intorno al cui stato abbiamo discusso prima, meno adatta ad accogliere la moltitudine per la sua ristrettezza, minacciava rovina a causa della vetustà; mentre gli uomini del luogo pensavano perciò di ripararla e di ampliarla, sennonché essi stabilirono che si dovesse costruire qualcosa di grande; subito offerte le braccia alla costruzione si ottenne che nella Visita Griffona del 1726, che è stata l’ultima visita della vecchia chiesa, sorgesse già più alta dal suolo quella parte della chiesa nuova, con la quale dovevano essere contenute la cappella maggiore e le due laterali. Portata poco dopo al tetto questa parte e destinata in modo sufficiente agli usi ecclesiastici, come la trovò il R.mo Calini nella sua Visita  del 1735, in seguito la vecchia chiesa fu demolita e tutto lo sforzo fu indirizzato a completare e a perfezionare la nuova.

Finalmente in questi ultimi tempi, auspice Dio, portato a termine tutto il tempio in ogni parte, esso fu aperto, sotto l’invocazione di S. Maria Maddalena penitente, al culto di Dio con grande esultanza del popolo per la costruzione veramente elegante”.

Il progetto della chiesa parrocchiale è da attribuire, presumibilmente, all’architetto Giovanni Battista Donati di Lugano. La facciata, recentemente restaurata, possiede linee movimentate e un solenne portale. L’interno è riccamente decorato e conserva pregevoli dipinti tra cui i/ Trasporto di Gesù al Sepolcro di Vittoriano Urbino, l’Annunciazione di T. Pombioli, la Via Crucis firmata da G. Desti e infineuna splendida pala d’altare dipinta da G.B. Botticchio, rappresen­tante la Madonna e San Zeno, che una volta si trovava nell’ oratorio dedicato al Santo, appeso alla parete sopra l’altare.

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